La tua storia professionale: non solo quello che sai fare, ma quello che ti fa sentire vivə

La tua storia professionale

“Ciao Nadia, mi trovo in un momento di grande confusione (dura da almeno un paio d’anni, ma ora lo sento molto forte), in cui vorrei prendere una strada, ma ho tante idee e troppi interessi per riuscire a focalizzarmi. In più la mia figura davvero molto trasversale non aiuta a creare un po’ di ordine. Lavoro nel settore della comunicazione ma non riesco a comunicarmi al meglio io, con un CV super sfaccettato e un percorso professionale che non mi soddisfa, sono davvero arrivata a un punto in cui vorrei mollare tutto”.

C’è un gesto semplice che rischiamo di dimenticare, presə come siamo dalla velocità delle chat e delle notifiche: scrivere una lettera.
Non una mail veloce, non un messaggio su WhatsApp. Una lettera vera, scritta con calma, in cui le parole prendono forma una dopo l’altra, lasciando spazio ai pensieri.

Mi ha colpito leggere recentemente un articolo che parlava proprio di questo: dell’arte perduta di scrivere lettere. E mi sono chiesta: cosa accadrebbe se usassimo quello stesso approccio lento e consapevole per raccontare la nostra storia professionale?

Fermarsi e rileggere se stessə

Prova a immaginare di sederti a un tavolo, carta e penna davanti, e di scrivere una lettera a te stessə.
Dentro ci sarebbero i momenti chiave del tuo percorso: il primo lavoro, quell’occasione che ti ha fatto sentire al posto giusto, quell’altra che invece ti ha svuotato. Ci sarebbero le persone che hai incontrato, le sfide vinte, le cadute da cui ti sei rialzatə.

Scrivendo, ti accorgeresti che la tua carriera non è solo un elenco di esperienze nel CV. È una narrazione viva, fatta di emozioni, di scelte, di passaggi che hanno dato forma alla persona che sei oggi.

E, soprattutto, vedresti con chiarezza una cosa: non conta solo cosa sai fare, ma cosa di quello che sai fare ti fa battere il cuore.

Il potere del racconto

Raccontare la propria storia non è un esercizio di vanità. È un atto di consapevolezza.
È ricordare a te stessə che non sei solo un insieme di competenze, ma un intreccio unico di talenti, passioni, valori.

Quando impari a farlo:

  • ritrovi autostima, perché ti rendi conto di quanta strada hai fatto;
  • riesci a distinguerti, perché nessun altro ha la tua storia;
  • apri la porta a nuove opportunità, perché mostri non solo ciò che sai fare, ma anche ciò che ti motiva e ti fa dare il meglio.

Le aziende non cercano solo “skills”: cercano persone con un racconto che dia senso al loro potenziale.

Un esercizio semplice: la lettera al futuro

Se vuoi provare, ecco un piccolo esercizio: scrivi una lettera a te stessə tra cinque anni. Racconta cosa speri di aver vissuto, quali lavori, quali emozioni, quali soddisfazioni. Non concentrarti solo sui titoli o sui traguardi, lascia spazio a come vuoi sentirti.

Ti accorgerai che in quella lettera ci sono già i semi delle scelte da fare oggi.

Non esiste una carriera “giusta” o “sbagliata”. C’è la tua carriera e prenderne consapevolezza attraverso il racconto ti permette di non restare fermə dove non ti senti più a casa, e di aprirti a possibilità che ti assomigliano davvero.

Il mercato del lavoro premia chi sa fare, certo. Ma soprattutto chi sa raccontare cosa ama fare, e perché.

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