Oggi voglio raccontarti la storia di Juri, un mio cliente che ha intrapreso un percorso di career coaching e counseling per riscoprire il valore della identità professionale e dare una nuova direzione alla sua carriera.
Juri lavorava nel settore della produzione industriale da oltre quindici anni. La sua esperienza si era consolidata tra gestione della qualità e ottimizzazione dei processi, ma sentiva che qualcosa mancava. Quel lavoro, un tempo fonte di orgoglio e sicurezza, era diventato un automatismo privo di significato. Ogni mattina si svegliava con la sensazione di ripetere gesti privi di un vero scopo, come se fosse parte di un meccanismo più grande che non gli apparteneva più.
Quando ha deciso di intraprendere un percorso con me, abbiamo iniziato esplorando i suoi “non voglio”: ciò che non lo soddisfaceva più, ciò che lo faceva sentire svuotato. Questo esercizio, che utilizzo spesso nei miei percorsi, ha rivelato qualcosa di sorprendente: Juri non era stanco del lavoro in sé, ma del modo in cui lo stava vivendo. Il suo talento e la sua passione per il dettaglio erano stati soffocati dalla fretta, dalla produttività spinta al massimo, dall’assenza di cura.
Per aiutarlo a riconnettersi con le sue vere capacità, abbiamo lavorato sulla sua storia professionale, sulla sua narrazione interiore. Chi era Juri prima che la routine prendesse il sopravvento? Quali erano le competenze che gli davano davvero soddisfazione? È stato in questo viaggio di riscoperta che è emersa un’immagine forte: quella delle mani che danno forma alle cose.
Juri aveva sempre avuto una grande manualità e una passione per il lavoro artigianale, ereditata da suo nonno, un falegname. Quella meticolosità che usava per controllare la qualità dei prodotti industriali era la stessa che da ragazzo applicava nel costruire piccoli oggetti in legno. Solo che nel tempo, quel piacere era stato soffocato dalla necessità di essere produttivo, veloce, efficiente.
Lentamente, attraverso il nostro percorso, ha iniziato a esplorare nuove possibilità di applicazione della sua competenza: ha seguito corsi di lavorazione del legno, ha approfondito il tema del restauro, ha iniziato a frequentare laboratori artigianali. Non è stata una transizione immediata, né priva di dubbi. La paura del cambiamento, la necessità di mantenere una stabilità economica e il timore di non essere abbastanza bravo hanno reso il percorso sfidante. Ma ogni piccolo passo era una conferma: la sua voglia di creare con le mani non era solo un hobby, era un talento da valorizzare.
Oggi, Juri ha dato una svolta alla sua carriera. Ha ridotto il tempo dedicato al lavoro industriale e ha iniziato a collaborare con artigiani locali, specializzandosi nella rifinitura di mobili su misura. Il suo approccio alla qualità non è cambiato, ma ha trovato un contesto in cui può essere valorizzato: non più come ingranaggio di un sistema, ma come espressione autentica di sé.
Il suo percorso mi ha ricordato quanto sia importante non perdere di vista il significato che diamo al nostro lavoro. Come i maestri artigiani di una volta, che tramandavano il loro sapere con dedizione e passione, anche noi possiamo trovare il nostro spazio per dare valore alle nostre capacità, riscoprendo la bellezza del fare con cura e intenzione.
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